PARITA’ DI GENERE NEL MONDO DEL LAVORO

PARITA’ DI GENERE NEL MONDO DEL LAVORO

PARITA\' DI GENERE NEL MONDO DEL LAVORO Uno strumento concreto per una cultura volta alla valorizzazione del lavoro femminile

Il 16 Marzo 2022 è stata pubblicata la “Prassi di Riferimento UNI/PdR 125:2022” che definisce le linee guida sul sistema di gestione per la parità di genere nel mondo del lavoro. Uno strumento, che si aggiunge alle politiche già attive riguardanti l’imprenditoria femminile, che ha l’obiettivo di creare una cultura volta alla parità di genere.  

La perdita di talenti femminili non è più sostenibile per l’economia italiana, né per l’economia dell’Unione Europea. Il Ministro dell’Economia Daniele Franco sostiene che, \”il gap tra uomini e donne oltre a creare un danno economico e professionale porta l’economia ad avere uno sviluppo incompleto e rallentato, rappresentando insieme al gap generazionale e territoriale il principale limite allo sviluppo dell’economia Italiana\” 

Come sostengono sia la Banca d’Italia che il Fondo Monetario Internazionale, se l’occupazione femminile raggiungesse il 60% con un numero di occupate almeno pari a quello maschile il PIL aumenterebbe dell’11% 

Superare il gap di genere è quindi interesse di tutto il paese. Attualmente, il tasso di occupazione femminile si aggira intorno al 50% contro una media europea del 62%, mentre sul totale dei lavoratori la presenza femminile rappresenta solo il 42%. Nonostante i dati, una ricerca effettuata da Unicusano riporta che, le donne rappresentano il 56% dei laureati e il 59% degli iscritti ai dottorati di ricerca, specializzazione e master. Le donne laureate in Italia sono il 23% rispetto ad un 19% di uomini e quelle diplomate rappresentano il 65% contro un 60% di uomini. Valutando i dati relativi all’occupazione possiamo quindi dire che un uomo meno titolato e meno competente è preferito ad una donna più titolata. Infatti, solo il 51% delle donne diplomate è occupato contro il 72% di uomini. Questo è solo uno dei parametri di riferimento, che unito ai dati sulle differenze salariali, le donne percepiscono in media il 16% in meno a parità di posizione, fornisce un quadro abbastanza preoccupante ed evidentemente discriminatorio.  

MODIFICHE AL CODICE DELLE PARI OPPORTUNITA’ 

La legge n.162/2021 che aggiorna il codice delle pari opportunità, insieme alla “Prassi di Riferimento”, vuole innescare un percorso di cambiamento culturale nel rispetto dei principi costituzionali di parità e uguaglianza. 

In primis viene ridefinito il concetto di discriminazione sul lavoro:  

è discriminazione ogni trattamento o modifica dell’organizzazione delle condizioni e dei tempi di lavoro che in ragione del sesso, dell’età, di esigenze di cura personale o familiare, mette o può mettere il lavoratore in condizione di svantaggio, di limitazione delle opportunità di partecipare alla vita o alle scelte aziendali, di limitazione nell’accesso ai meccanismi di progressione nella carriera.” 

Come discriminazione viene quindi intesa ogni azione, decisione, disposizione che mette un soggetto (candidato/dipendente) in una posizione di svantaggio rispetto ad altri. 

Con la legge n.162 viene introdotto l’obbligo di redazione di un rapporto biennale sulla situazione lavorativa dei dipendenti sia di sesso maschile che femminile. Tutte le aziende con più di 50 dipendenti dovranno quindi progettare e implementare strutture gestionali di inclusione per raggiungere la Gender Equality. Il rapporto dovrà essere trasmesso alle rappresentanze sindacali, riportando il numero di occupati ed assunti nell’anno, la retribuzione iniziale, i premi riconosciuti, gli avanzamenti di carriera, l’inquadramento contrattuale, utilizzo della cassa integrazione, licenziamenti e la funzione svolta da ciascun lavoratore senza riportare le generalità del lavoratore ma solo il sesso. 

Le aziende sotto i 50 dipendenti potranno redigere il rapporto su base volontaria. Mentre, è obbligatorio redigere il rapporto biennale nel caso in cui vogliano accedere ai benefici contributivi ed ottenere la certificazione di parità di genere. 

CERTIFICAZIONE DI PARITA’ DI GENERE 

La certificazione di parità di genere, introdotta ufficialmente da gennaio 2022, attesta che l’azienda abbia adottato tutte le misure necessarie a colmare il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita lavorativa, parità salariale, parità di mansioni, tutela della maternità e gestione delle politiche di Gender Equality. 

Gli enti certificatori dovranno fare una valutazione specifica sulle sei aree di interesse che contraddistinguono un’organizzazione inclusiva, valutando i KPI specifici di natura sia qualitativa che quantitativa. Per raggiungere la certificazione il risultato minimo complessivo dovrà essere del 60%, con la possibilità di migliorare la performance di inclusione sociale fino al 100%. 

Sei aree di interesse: 

  1. Cultura e strategia; 
  2. Governance; 
  3. Processi HR; 
  4. Opportunità di crescita ed inclusione delle donne in azienda; 
  5. Equità remunerativa per genere; 
  6. Tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro. 

Esempi pratici di valutazione:  

Governance – budget per lo sviluppo di attività di supporto alla parità di genere (15pt) 

Processi HR – protezione del posto di lavoro e del livello retributivo post maternità (15pt) 

Crescita e Inclusione – donne responsabili di una o più unità organizzative (20pt) 

La certificazione dà diritto a un bonus contributivo pari ad un massimo dell’1% dei contributi totali da versare, nel limite di 50mila euro per azienda. In totale sono stati stanziati 50milioni di euro all’anno, con l’obiettivo di ottenere entro il 2026 almeno 1000 aziende che hanno accesso al bonus.  

Il secondo obiettivo è allineare l’Italia alla strategia europea, con un incremento del 5% nella classifica dell’indice di uguaglianza che al momento vede l’Italia al 14° posto trai paesi UE. 

I principi di Gender Equality sono fondamentali per raggiungere un modello di lavoro più inclusivo. Come riportato da diversi studi, le aziende che raggiungono un clima di parità e inclusione ottengono profitti superiori alla media del 25%, con un più alto tasso di innovazione e migliore capacità di gestire i processi decisionali.  

La rivoluzione, verso un modo del lavoro inclusivo ed equo, è un’opportunità che l’economia italiana non si può permettere di sprecare.